La società può essere prosciolta dal reato di aggiotaggio, contestato sulla base del decreto 231, anche se autori della condotta sono stati i vertici, presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato. A soccorrere infatti è la preventiva adozione di un modello organizzativo considerato idoneo in astratto e in concreto a scongiurare il reato. A questa conclusione approda una capitale e attesa sentenza della Corte di cassazione nel caso Impregilo, cronologicamente assai risalente e nel quale ai manager era stata contestata la diffusione di false notizie sulle previsioni di bilancio e sulla solvibilità di una controllata, posta in liquidazione.
La pronuncia, la n. 23401 della sesta sezione penale, che smentisce l’assioma per cui è praticamente impossibile per la società sfuggire alle sanzioni se i colpevoli del reato presupposto coincidono con i vertici, sottolinea in via preliminare che la commissione del delitto non equivale alla dimostrazione che il modello non è idoneo. Infatti «il rischio reato viene ritenuto accettabile quando il sistema di prevenzione non possa essere aggirato se non fraudolentemente, a conferma del fatto che il legislatore ha voluto evitare di punire l’ente secondo un criterio di responsabilità oggettiva».
La Cassazione si sofferma poi anche sul valore da attribuire alle linee guida predisposte dalle associazioni di categoria, in testa Confindustria, e comunicate al ministero della Giustizia. Se il modello è aderente alle linee guida, spetterà al giudice individuare, nel caso di contestazione della colpa di organizzazione, la specifica disciplina di settore che ritiene violata o, in assenza di questa, le «prescrizioni della migliore scienza ed esperienza nello specifico ambito produttivo interessato».
Quanto al modello predisposto da Impregilo per la prevenzione dei reati di comunicazione, per la Cassazione deve essere considerato adeguato. Si prevedeva infatti una procedura complessa, con la partecipazione di una pluralità di articolazioni organizzative, affidando ai vertici societari, d’intesa tra loro, l’approvazione del testo definitivo della comunicazione all’esterno. Per la Corte nessuno più degli organi titolari del potere di rappresentanza dell’ente avrebbe potuto vantare titolo migliore.
Il punto ulteriore, valutato in termini di criticità dai giudici di merito, è poi rappresentato dalla fisionomia e dall’autonomia dell’organo di vigilanza che, in Impregilo, coincideva, in una composizione monocratica, con il responsabile dell’internal auditing collocate alle dirette dipendenze del presidente del cda. Tuttavia, anche se su questo punto il modello non è ineccepibile in termini di autonomia dell’organo di vigilanza, il reato di aggiotaggio, «frutto di un’iniziativa estemporanea», sarebbe stato ugualmente compiuto.
Un modello infatti che prevedesse un controllo preventivo di qualsiasi atto del presidente o dell’amministratore delegato di una società sarebbe difficilmente conciliabile con il potere di rappresentanza e gestione dell’ente.